Il Millennium Bug del mondo sneakers? Sono state le Puma Mostro, non c’è dubbio. L’Italia è stata uno dei (molti, a dire il vero) paesi in cui, dal 1999 in poi, il modello disegnato da Peter Schmidt si incontrava pressoché ad ogni angolo. Un modello strano come pochi altri, figlio dell’ossessione per il futuro della fine del secondo millennio.

Ai tempi, Schmidt è già un designer maturo forte dell’esperienza con un mito della moda tedesca come Jil Sander. Ma la nascita delle Mostro non è solo merito del suo talento: un ruolo fondamentale lo gioca infatti lo storico archivista di Puma Helmut Fischer. Fischer ha lavorato per Puma per tutta la sua vita: entrato nel reparto marketing nel 1978, prima di diventare responsabile dell’archivio del marchio ha l’occasione di incontrare gli atleti più importanti degli anni Ottanta, da Boris Becker a Diego Maradona.

Quando, alla fine del decennio, Fischer ha ottenuto da Puma un budget per creare un archivio ufficiale, ha cominciato mettendo insieme le scarpe che aveva lui stesso in casa, ed è andato avanti fino a 7.500 paia. Avanti veloce fino al 1999, ed ecco che dall’archivio scaturisce la scintilla che porta alla creazione delle Mostro. In anni più recenti, Fischer ha descritto quel momento in modo estremamente semplice: il ritrovamento di un vecchio paio di scarpe pensate e costruite per il surf negli anni Settanta, poi mostrate per gioco a Peter Schmidt.
Quel modello mette in moto l’ispirazione nella testa del designer, che pensa di remixarlo con un paio di scarpe da sprint del lontano 1968, e ottiene una specie di assurdo Frankenstein: un mostro.

Schmidt si rifà all’esperienza Puma degli anni Ottanta, quando i designer del marchio sperimentavano chiusure alternative per sostituire i lacci, e progettavano suole ergonomiche per offrire maggiore comfort e stabilità. Così dota le sue Mostro di una chiusura asimmetrica in velcro, e di una suola molto sottile che mantiene il piede a contatto con il terreno. La sensazione, indossando le Mostro, è in un certo senso futuristica quanto l’aspetto esteriore del modello. Il che, d’altra parte, non lo rendeva necessariamente appetibile dal mercato. Il progetto viene portato a termine nonostante le previsioni di vendita non troppo esaltanti per gli standard di una multinazionale globale dello sportswear: di quelle strane scarpe si potranno forse piazzare diecimila paia, non di più. Le cose, come noto, vanno diversamente: a quella cifra, una volta che le Mostro arrivano sugli scaffali, è necessario aggiungere due zeri.

Nel breve spazio di qualche anno, nei primi Duemila, le Puma Mostro hanno conquistato il mondo, diventando parte del paesaggio. Il bello del loro appeal era che si trattava di una passione trasversale alle classi sociali e ai generi: amatissime dal pubblico femminile, erano ai piedi di moltissime ragazze, tra le quali Gwyneth Paltrow, Madonna – che le indossava in tutti i concerti del suo Drowned Tour, in mezzo a due tra gli album migliori della sua carriera, Ray of Light e Music – e Scarlett Johansson. Proprio l’attrice è stata protagonista di uno degli sneakers moment cinematografici più noti degli anni Zero: l’apparizione delle Mostro (nella meno riuscita versione Nu, a dire il vero) come parte delle uniformi fantascientifiche del film cult The Island. Ne fu prodotta perfino una versione alta, di cui si favoleggiano apparizioni ai piedi di Björk, genio dell’elettronica pop di quegli anni.

Le Mostro sono state lo Zeitgeist degli anni Duemila, e un pezzo di design da ricordare e riscoprire: non stupisce che il primo remake uscito nel 2016 sia stato premiato con il Red Dot Design Award. Quello del 2024 è stato anticipato dalla collaborazione con il brand berlinese Ottolinger vista pochi mesi fa, che si è esercitato proprio sulla versione-boot che abbiamo citato qualche riga più sopra. E ora, anche grazie alle apparizioni ai piedi di musicisti come A$AP Rocky e Skepta, le Mostro rischiano di rinnovare la loro storia di successo, a un quarto di secolo dalla prima apparizione sul mercato.